Ribaltavapori, il nuovo singolo “Bianca”, intervista: “amo Trieste e dovendo scegliere un nome per il mio progetto ho voluto omaggiarla”

Ribaltavapori

Ribaltavapori, alias di Antonio Uras, è un giovane ragazzo di origine metà sarda e metà catalana, nato e cresciuto a Pordenone. Dopo aver militato in vari gruppi nella sua città si prende una pausa dalla musica, fino a quando, una volta trasferitosi a Trieste, acquista una chitarra classica e ricomincia a suonare.

Dopo un EP e la canzone ORMAI È GIOVEDÌ, pubblica il singolo BIANCA, secondo passo verso l’uscita del suo disco d’esordio, previsto per la primavera 2023 e prodotto artisticamente da Sesto. Abbiamo raggiunto Ribaltavapori per un’inedita intervista.

In quale emozione ti rispecchi quando canti?

Beh, dipende da quel che canto. Ma in generale cerco sempre di non deludere quel ragazzino di 14 anni, seduto su una panchina, che, cantando la sua prima canzone scritta per una ragazza, decise che scrivere canzoni sarebbe stato il suo destino.

Quanto conta la musica nella tua quotidianità?

Moltissimo. È la mia vita. Ora però conta al 90%. 10,15 anni fa arrivava al 100%.

Come hai scelto il tuo nome d’arte?

Amo Trieste e dovendo scegliere un nome per il mio progetto ho voluto omaggiarla. I Ribaltavapori nel dialetto Triestino sono i latterini (i pesciolini da frittura). Amo il mare, la cucina di pesce e penso che l’unione faccia la forza.

Qual è la genesi del brano “Bianca”?

È nata come racconto, come prosa. Poi si è sviluppata in rima quasi senza farci caso. La musica era un’idea nata poco prima, sposandosi bene con la storia è stato naturale unirle.

A chi dedichi il tuo nuovo singolo?

A tutti quelli che dimenticano di esser stati bimbi.

“Bianca” avrà un video ufficiale?

Certamente, in uscita lunedì 23 gennaio.

Qual è il motto che sposi più assiduamente?

Una delle frasi del mio idolo: In direzione ostinata e contraria.

Progetti futuri?

Per ora pubblicare il disco in uscita questa primavera e suonarlo il più possibile dal vivo. Poi, continuare a scrivere, anche se puntualmente (regala anche una bella dose di sofferenza scrivere) mi ritrovo a dire che è meglio smettere con sto chiodo e diventare grande.

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