La Postazione, intervista, il nuovo EP “Fuori Dal Tempo”: ‘La musica è anche coraggio, mettersi in gioco’

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La Postazione, intervista, il nuovo EP “Fuori Dal Tempo”: ‘La musica è anche coraggio, mettersi in gioco’

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Abbiamo intervistato La Postazione, band indie milanese, composta da Carmine Ricciardi, Fabio Barbera e Matteo Quaranta, in occasione dell’uscita del nuovo EP, “Fuori Dal Tempo“.

Finita” è una delle hit più celebri della band La Postazione, il loro primo EP “Never stop dreaming” ha segnato l’inizio di una nuova era. Il gruppo, La Postazione, è l’evoluzione di un progetto solista avviato proprio da Carmine Ricciardi. Le sonorità che caratterizzano i brani, de La Postazione, sono una combinazione di stili musicali Dreampop/Alternative Rock, si miscelano generando uno stile estremamente avanguardista. Nel corso dell’intervista, Carmine Ricciardi, ci ha raccontato molti aspetti inediti inerenti La Postazione.

Fin dai vostri albori avete messo da parte l’individualismo, il vostro talento ha dato origine a una sinergia tangibile in ogni vostro brano, come avete scelto il vostro nome d’arte?

Non esiste individualismo tra di noi, esiste la collaborazione quando si lavora alle canzoni. Vero è che, quando si lavora ad una canzone nuova, l’autore deve avere la capacità di indirizzare gli altri verso la strada giusta e avere l’ultima parola. Il nome è stato tratto dalla postazione del mio Mac dove sono contenuti tutti i nostri progetti.

Quando avete iniziato ad approcciarvi al mondo musicale? Quali personaggi hanno influenzato il vostro background artistico?

Tutti noi abbiamo cominciato da bambini, come tanti. La nostra generazione ha avuto la fortuna di crescere negli anni ’80, quando l’offerta musicale era ancora molto ampia e di qualità. Quello che noi proponiamo musicalmente, è figlio di ciò che abbiamo assorbito attraverso l’ascolto: in qualche modo, quello che è rimasto dentro di noi, viene fuori. Noi tre abbiamo fatto un percorso diverso: Fabio, ad esempio, da quello che ricordo, come punti di riferimento ha avuto i Queen e successivamente il Grunge; Il primo impatto musicale di Matteo invece è stato il Metal, fino ad “ammorbidirsi” attraverso i Red Hot Chili Pepper, Blur e tutto quel mondo che poi è venuto fuori negli anni ’90, fino ad arrivare al dreampop attuale. Io, invece, sono cresciuto con i Beatles fin da bambino e ho ascoltato tutti i vinili di mio padre, dai grandi gruppi e cantautori anglo-americani, fino ad arrivare al cantautorato nostrano; in qualche modo questi percorsi ci hanno legato, abbiamo scoperto di avere delle cose in comune, dei gusti e delle vibrazioni simili, fino al punto di unirci musicalmente.

Avete pubblicato molti brani, riuscendo a rinnovarvi continuamente, cosa provate quando cantate le canzoni dei vostri esordi?

Personalmente non faccio differenza tra una canzone scritta ieri e una scritta oggi, non considero una canzone come “canzone degli esordi”, per noi è sempre un esordio, voglio dire: non ho una vera e propria reazione emotiva quando scegliamo una canzone di qualche anno fa per un live, non c’è veramente differenza in questo. Credo sia così anche per gli altri.

Il vostro talento eccezionale e la vostra nobiltà d’animo vi contraddistinguono. come nascono le vostre canzoni? Quanto sono autobiografiche?

Talento eccezionale e nobiltà d’animo non saprei da che punto di vista. I talenti eccezionali, per me, sono ben altri.Non esiste, almeno per noi, una regola base su come fare nascere una canzone: può venire fuori da un incpit musicale trovato strimpellando insieme o da soli, oppure semplicemente perché, una sera, qualcuno era ispirato e ha scritto un testo o una musica nuova.

Le vostre canzoni possiedono un’alchimia peculiare che le rende perennemente attuali, trattate argomenti complessi rendendoli fruibili a tutti. tra valori, amori ed emozioni, lanciate messaggi universali e traversali di impegno sociale, le vostre canzoni sono delle lezioni di vita intramontabili. qual è il brano che non deve mai mancare nella scaletta di un vostro concerto?

Se riusciamo attraverso la musica a fare arrivare certi messaggi, ci può solo far piacere: ognuno deve trarre o non trarre qualcosa da una canzone: la sensazione, la percezione, l’immagine, il pensiero o il ricordo è una cosa puramente personale e, una canzone, deve fare proprio questo. Se ci riusciamo, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Una canzone che non può mai mancare credo sia Necessario, il nostro primo singolo.

Come i Rolling Stones, siete un gruppo estremamente peculiare, cosa consigliereste a chi desidera approcciarsi al mondo della musica? Come percepite i talent show?

Uno dei consigli che posso dare a chi vuole affacciarsi, in un modo o nell’altro, nel mondo della musica, è quello di curare i dettagli: curare il dettaglio non solo per quanto riguarda la voce, ma anche per quanto riguarda l’arrangiamento. Non ho molta simpatia per i talent, è un mondo estremamente lontano dal mio pensiero, da quello che è stato il percorso musicale per tutta la mia generazione. Noi suonavamo per ore nei garage la sera, tutti insieme, registravamo su musicassetta quello che veniva fuori, ovviamente il risultato era pessimo perché, il nastro, non poteva essere chiaro, ma ci emozionavamo con quello; ci esaltavamo nell’ascoltare il risultato, imparavamo a catturare gli errori e a migliorarci. Non avevamo YouTube o i tutorial su come suonare una canzone, tutto quello che sfruttavamo era la nostra conoscenza teorica, il nostro orecchio e la nostra fantasia. Non riesco a vedere nulla di positivo in questo spettacolo che crea, in linea di massima, personaggi televisivi e non cantanti, non cantautori o non gruppi. La ricerca del talento a tutti i costi, attraverso la televisione è una pagliacciata: L’industria musicale ha toccato, forse, il punto più basso in questi anni, ha monopolizzato e appiattito tutto. Tutte le canzoni del mainstream sono uguali, sono uguali perché i produttori e gli autori sono diventati una conventicola che ha monopolizzato il tutto, senza sfumature, senza alternative, senza fantasia, senza felicità e senza coraggio, solo perché bisogna strizzare l’occhio alla massa che, in gran parte, ha delle carenze culturali di base. La musica è anche coraggio, mettersi in gioco, creare alternative musicali, creare nuove offerte musicali, anche se queste offerte musicali non sono nulla di nuovo. Basterebbe cercare nei locali di tutto il paese per trovare gente capace e con passione, basterebbe avere il coraggio di sbattersene altamente di ciò che vuole la gente e scavare nell’indipendente, quello vero, non quello falso, non quello che si dichiara indipendente solo per moda. Ma è utopia. Il talent è un modo nuovo per diventare qualcuno? va bene, visto che i tempi sono questi… ma proprio perché è figlio del presente che non lo accetto. È il risultato di un mondo e di un pensiero distorto e me ne guardo bene dal farne parte.

Il vostro nuovo EP “Fuori dal tempo” è un autentico capolavoro. Come ha preso forma il disco?

Magari fosse un autentico capolavoro, parlerebbero tutti di noi, forse. È nato semplicemente, come tutti i lavori precedenti: un giorno abbiamo deciso di mettere insieme delle canzoni nuove, abbiamo lavorato agli arrangiamenti e tutto quanto, abbiamo pensato che inserire quelle tre canzoni era la cosa giusta e abbiamo creato l’Ep. Nulla di così ricercato o pensato, tutto molto semplice, come cerchiamo di fare sempre.

Qual è  la lezione  che avete appreso dalla musica nel corso della vostra carriera?

Se possiamo chiamarla carriera… io sono la persona meno qualificata per rispondere, veramente. Io non ho appreso nessuna lezione dalla musica. Sono una persona pigra, svogliata e distratta e ho avuto un approccio totalmente naturale e semplice. Non ho mai percepito la musica come un’ entità o un dogmatismo dove potersi imbottire di regole, lezioni di vita o insegnamenti, ciò che ne ricavi è personale e naturale, come il suo messaggio.

Cos’è per voi la musica?

Qui si rischia di nuotare nella retorica, è qualcosa che non sempre è bella e positiva, se penso alla musica come “lavoro” la sento come qualcosa di negativo, di pesante, di faticoso. Se penso la musica come semplice ascolto e apprendimento di testi e arrangiamenti, direi che è una forma d’arte stupenda.

In quale emozione identificate i vostri brani?

Ah, non ho idea, è una domanda che bisognerebbe fare a chi ci ascolta.

Quali sono i vostri programmi per il futuro?

Sicuramente quello di fare un live acustico, ogni volta che ci abbiamo provato è successo qualcosa. Speriamo di organizzarci presto, al momento siamo in pausa, se ne parla dopo le feste.

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