“Folle d’Amore-Alda Merini”: tra poesia e follia

"Folle d'Amore-Alda Merini": tra poesia e follia

Un tassello importante nella narrazione, anche letteraria, che Rai Fiction e il servizio pubblico stanno facendo del Novecento è rappresentato dal film tv “Folle d’Amore-Alda Merini”, una coproduzione Rai Fiction-Jean Vigo Italia realizzata con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, in onda giovedì 14 marzo in prima serata su Rai 1. Con Laura Morante nel ruolo di Alda Merini, Federico Cesari, Rosa Diletta Rossi, Giorgio Marchesi, Sofia D’Elia, Mariano Rigillo. La regia è di Roberto Faenza, che firma anche la sceneggiatura insieme a Lea Tafuri, con la consulenza di Arnoldo Mosca Mondadori, Ambrogio Borsani, il professor Paolo Milone. Distribuzione internazionale Beta Film GmbH.<br>A Milano – sui Navigli, a Ripa di Porta Ticinese – c’è un appartamento la cui porta è sempre aperta. A varcarla sono intellettuali, cantanti, giornalisti, ma anche semplici curiosi. Sono tutti lì per lei, Alda: 70 anni, unghie smaltate, sigaretta sempre accesa, un caos in cui si trova a suo agio. Ma cosa la rende così speciale? La sua poesia, certo, ma anche la sua vita senza mezze misure che lei stessa, con ironia e sagacia, racconta a un giovane intellettuale, Arnoldo. Un salto indietro nel tempo e siamo nel secondo dopoguerra. Alda è un’adolescente con una sensibilità spiccata e il dono di scrivere poesie che la madre, donna severa, non comprende e che il padre non incoraggia abbastanza. Il desiderio di Alda di continuare gli studi viene frustrato quando non viene ammessa al liceo classico: un’umiliazione che trasforma la sua vocazione per la poesia in ossessione. È una sua ex insegnante a darle l’occasione della vita portando le sue poesie al critico Giacinto Spagnoletti, che ne rimane ammirato e la invita nel proprio salotto letterario. Le poesie di Alda vengono lette e apprezzate e ben presto arrivano anche le prime pubblicazioni: il suo talento precoce e inspiegabile ne fa una vera enfant prodige. In quel circolo letterario Alda trova anche il suo primo amore, lo scrittore Giorgio Manganelli. Dieci anni più grande di lei, sposato, ma ad Alda non importa: lo ama con tutta sé stessa con furore totalizzante, quello che sarà per sempre il suo modo di amare. Incapace di starle accanto, Giorgio la lascia. Alda è disperata, ma riesce a risollevarsi, come sempre farà nella vita. Incontra un altro uomo, molto diverso da lei per interessi e mentalità, ma che diventerà suo marito: Ettore Carniti. Alda prova a essere moglie e madre secondo tradizione, ma la sua natura è diversa. Lei ed Ettore litigano spesso. A questo si aggiunge che l’attenzione del mondo letterario nei suoi confronti sta scemando e Alda non riesce a trovare nessuno che pubblichi le sue nuove raccolte di poesie. Pian piano precipita nella psicosi fino al giorno in cui, dopo una grave crisi di nervi, il marito la fa ricoverare. Non immagina che Alda, tra un ricovero e l’altro, rimarrà in manicomio per ben dieci anni. Anni di buio, sofferenza, cure pesanti e perdita di contatto con il mondo. A salvarla sarà il rapporto con il dottor Enzo Gabrici, lo psichiatra che l’ha in cura. È lui a spingerla a riprendere l’attività poetica dopo anni di silenzio, regalandole persino una macchina da scrivere. E Alda, attraverso le parole che bruciano la pesantezza della vita, scrivendo riesce a trasfigurare il dolore e la malattia, vincendoli. Rimasta vedova, Alda sposa il poeta Michele Pierri, che ha molti anni più di lei, e si trasferisce da lui a Taranto. Ma la felicità non dura a lungo, perché Michele muore poco dopo. Rientrata a Milano, Alda non si dà per vinta e si afferma come una delle figure di riferimento della vita culturale italiana.