Alessandro Emme, il nuovo singolo “Vorrei”, intervista: “Dedico questa canzone a mio figlio Achille, l’ultimo arrivato in casa perché spero davvero che ci sarà un futuro migliore di adesso”

Alessandro Emme

Alessandro Emme, artista, scultore e musicista, classe 1981, è stato frontman di band Rock e Metal dal 1995 al 2015. Dal 2022 ha intrapreso uno straordinario percorso da solista. Abbiamo raggiunto Alessandro Emme per un’inedita intervista densa di novità.

Cosa porti con te del tuo background in band rock/hard rock? 

La musica è una ricerca, quando cominci emuli i tuoi miti, fai le cover band, i tributi, poi la gente ti chiede “cantami questa canzone , suonami quella”. Se guardo il mio passato ci siamo divertiti veramente tanto a suonare le “musiche degli altri “ma poi arrivi a un certo punto che non ce la fai, perché capisci che non puoi dire altro e non puoi farlo a modo tuo. Penso che maturare come artista è fondamentale sennò stai sbagliando tutto e star sul palco così è proprio un altro mestiere. Sto cominciando a capire anche che un cantautore deve essere come una spugna e nel mio caso mi viene naturale assorbire qualsiasi cosa e sputarla fuori nelle canzoni. È per questo motivo che mi sento più cantautore e molto meno cantante, perché scrivo argomenti che riguardano quel momento evitando di pensarle “a tavolino” e eseguirle in modo perfetto, in maniera sintetica. Anche per questo motivo ho smesso di cantare le canzoni degli altri, oggi nei talent show fanno quasi solo cover, alcuni fanno album interi di cover. Penso che il background di un artista è molto importante perché ti permette di capire come esprimere tutte queste cose, come buttar giù questi concetti. Il rock è un modo di essere e da cantautore non puoi recitare, non è mica una moda o altre menate, è un modo di esprimersi e posso anche berci sopra un po’ di vino che nessuno mi dirà mai che sono un ubriacone, perché sono un rocker e la gente lo sa.

Come nascono i tuoi brani?

Le canzoni ti vengono a cercare ma puoi sempre provare a cercarle, io ci ho provato, poi ho capito che non sempre si fanno trovare. I brani nascono quando li trovi a metà strada e ti dicono “dove si va oggi ?” Penso che scrivere è un viaggio spazio-temporale e solo con la musica puoi far capire agli altri dove sei stato e puoi far anche capire alla gente come tornare indietro e sbloccare quello che si era rotto sulla loro strada. Io ho scritto molto di più di quello che ho pubblicato ma chi lavora con me mi ha insegnato che non bisogna avere fretta a pubblicare, perché c’è sempre qualcosa che stravolge una canzone, non parlo solo degli aspetti tecnici ma anche di interpretazione. In questo devo ringraziare chi scrive con me, in prima linea mia moglie Arianna, quando vado in studio e mi metto al lavoro il produttore Alessandro Di DioMasa. Ecco lì arriva il bello, perché vivi tutti quei momenti in cui confronto e scontro ti aiutano ad arrangiare i brani mentre registri e ascolti. Se emoziona va bene ma non succede nulla allora non hai fatto un buon lavoro, nulla di nuovo e devi ricominciare da capo. È per questo che se una canzone non va, non la porto neanche in studio, la faccio sparire, strappo gli appunti anche perché deve funzionare bene già prima con voce e chitarra. Ecco perché sono sicuro che quello che faccio arriva, perché non è una passeggiata. 

A chi dedichi il brano “Vorrei”?

“Vorrei” nasce dalla volontà di esprimere un concetto dimenticato perché viviamo in un epoca altamente compulsiva, veloce, consumistica ed egoista. Racconta una storia che rimane sospesa nel nulla perché il protagonista non si lascia andare, aspetta troppo, non vive il momento. “Vorrei” è tornare indietro negli anni quando ti avvicinavi a una ragazza e le dicevi direttamente in faccia quello che volevi”, la baciavi, la seguivi fino sotto casa. Vedi, forse eravamo molto più prepotenti in questo senso, eravamo affamati di emozioni e volevamo vivere tutto. Adesso ci sono troppi modi alternativi di parlare” anzi forse alcuni modi sono proprio spariti dalla circolazione, oggi è tutto un dimostrare continuamente qualcosa agli altri, soldi, successo, la dieta, le unghie e i vestiti costosi. Ci sono troppi trucchetti vigliacchi oggi per credere solo a quello che vedi e senti e non venite a dirmi che seguire sui social quella persona che “vorresti” è il modo giusto di andarsela a prendere. Fa riflettere questa canzone perché un po’ si contraddice, urla e non pretende, rimane sospesa. Non a caso l’ho voluta sfumare a fine canzone, scompare, sembra che ci sia un seguito ma poi ti lascia così e non sai bene che dire. Vedi in questo mondo sono cambiate molte cose ma non è detto che mi stiano bene, io faccio il mio mestiere cioè dire che non mi sta bene. Non serve usare paroloni ad effetto, urlare troppo, fare a gara a chi la dice più grossa, io so dove posso arrivare e mi sbellico dalle risate a guardare cosa succede, in questo io ci ho messo la faccia e ci vuole coraggio. Dedico questa canzone a mio figlio Achille, l’ultimo arrivato in casa perché spero davvero che ci sarà un futuro migliore di adesso, molto più lontano dalla socialità che stiamo vivendo oggi che sta veramente degenerando. 

Quale messaggio lanci a chi desidera avvicinarsi al mondo della musica?

Dipende cosa vogliono fare, puoi anche suonare chiuso in una stanza se è quello che ti fa stare bene. La musica è una responsabilità. Chi si si avvicina al mondo della musica deve aver un motivo per farlo, un “movente di pancia” molto forte e deve prendersi delle responsabilità. Io vedo troppe star arrivate in giro,quando ascolti quello che dicono non arriva niente, non hanno detto niente. La musica per molti è un contorno di una situazione, un modo per trovarsi in TV o alla radio per dire che ce l’hanno fatta. Si gongolano, ti ridono in faccia, solo che poi li vedo in giro e mi evitano, lo sanno benissimo che non sono come loro. 

Progetti futuri?

Sto lavorando alla stesura dell’album, nella prossima canzone parlerò di un argomento molto serio, di una patologia che sta dilagando in questi tempi e per farlo lo racconterò attraverso un videoclip, una sorta di cortometraggio. 

Un saluto per tutti i nostri lettori?

Leggete, ascoltate le canzoni e quando uscite lasciate il telefono a casa.