VIVO: “La musica è sempre uno strumento identitario di lotta”- intervista

VIVO: "La musica è sempre uno strumento identitario di lotta"- intervista

Abbiamo avuto il privilegio di intervistare VIVO, artista poliedrico e innovativo, che con il suo nuovo album BLATTE ci guida in un viaggio sonoro profondo e intenso. Il disco, disponibile dal 15 novembre 2024 sulle piattaforme digitali, esplora le sfumature più oscure dell’animo umano, intrecciando sonorità elettroniche e jazz in una sinfonia avvolgente. Con il singolo “La Blatta” in rotazione radiofonica, VIVO ci presenta una potente riflessione sulla resilienza.

“BLATTE” è un album che scava nelle profondità dell’animo umano, fondendo atmosfere elettroniche e jazz in una sinfonia oscura e avvolgente. Cosa ti ha ispirato a scegliere la blatta come simbolo di resilienza e voce degli emarginati? Quali emozioni o riflessioni desideri trasmettere attraverso questo allegorico inno alla ribellione?

Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto è una maniera autoironica di esorcizzare la mia fobia per gli scarafaggi…E poi, vedi, nel mondo la gente si ammazza per divergenze sul credo politico, religioso, e persino calcistico. Su una cosa, però, siamo tutti d’accordo: le blatte fanno schifo e non hanno alcuna possibilità di riscatto. Fanno talmente schifo che etichettare qualcuno come “una blatta” non potrebbe mai avere un’ accezione positiva, neanche in un altro universo. Ecco, ho voluto dare una possibilità a queste bestiole sfigate e vestirle di tanta dignità. Ho immaginato una blatta cazzuta e fiera.
Ovviamente faccio riferimento a tutte quelle persone con possibilità di azione limitate. Pensa ad un meridionale, figlio di persone ignoranti e povere, o al figlio di due immigrati che lavorano nei campi per sopravvivere…vivono nello stesso mondo di influencers ricchi a cui il papà ha regalato un bel Porsche Cayenne per il diciottesimo compleanno.
Eppure veniamo illusi che si possa diventare chiunque si voglia sin da quando siamo in fasce. Ci viene raccontata la favoletta che “ognuno è artefice del proprio destino”. Nessuno, però, ci racconta che se vieni da una famiglia poverissima, violenta, ignorante, priva di strumenti culturali e psico-emotivi, difficilmente potrai avere anche solo la tranquillità mentale per poter studiare ed imparare qualcosa di nuovo che ti risollevi dal mare di merda in cui sguazzi (e non perchè lo hai voluto tu, ma perchè ci sei nato dentro). Ne consegue uno svantaggio netto in ogni ambito dell’esistenza. Tuttavia, questi uomini-blatta hanno dalla loro una risorsa che la gente più agiata non ha: la fame!
Una fame di vita ed una rabbia che diventano fuoco propulsore, forza motrice.

Nel brano “La Blatta” utilizza una figura di emarginazione per sfidare i pregiudizi e mostrare la forza dei “dissidenti”. Quanto senti che la tua stessa esperienza di vita ha contribuito alla creazione di un’opera così audace e anticonformista? E in che modo la tua musica diventa uno strumento di lotta e identità?

Indubbiamente, ogni opera artistica fruibile, contiene in sé un elemento autobiografico. Quindi, la mia stessa esperienza di vita ha contribuito alla realizzazione di questo brano e dell’ intero album. Io per primo mi sono sentito una blatta, ed è un tema ricorrente nell’ album (“mi sono sentito nudo come un verme” da Nudo, etc.).
La musica è sempre uno strumento identitario di lotta, quando nasce da un’ esigenza espressiva. Chiaramente, il suo valore intrinseco muore quando fare arte diventa mero business, un modo come un altro per provare a monetizzare. Quindi, il modo in cui la mia musica diventa strumento politico, di lotta e di resistenza, è il semplice fatto che essa esista così com’è, con la missione di stimolare le menti e agitare gli animi, affinché, chi la ascolta, si senta compreso e riesca ad empatizzare con essa. Non mi serve avere tanti fan, preferisco avere pochi ascoltatori che rivedano sé stessi nel mio discorso musicale. Mi piacerebbe essere narratore di emozioni che anche altri provano ma, per una questione di scelte ed inclinazioni diverse, non sono capaci di esprimere.

Le influenze jazz e mediterranee che emergono in “BLATTE” sembrano unire le tradizioni musicali alle sonorità più oscure dell’elettronica contemporanea. Come sei riuscito a intrecciare questi universi sonori per creare un racconto così unico e personale, capace di riflettere sia tensioni psicologiche che un senso di appartenenza?

Non saprei spiegare con esattezza ciò che ho fatto. Potrei dirti che avevo a disposizione molti ingredienti (che corrispondono a tutti gli ascolti fatti, i concerti visti, le esperienze musicali raccolte) ed ho provato a mescolarli tra di loro, approcciandomi ad essi con rispetto ed umiltà (come si fa in cucina con degli ingredienti di pregio). Ho coltivato l’ambizione di realizzare un piatto dal gusto innovativo ma in cui ogni singolo ingrediente sia ben riconoscibile. Spero di esserci riuscito.
Inoltre, il mio percorso artistico è molto singolare. Ho iniziato come beatmaker e producer da ragazzino per i rapper di Battipaglia, la mia città di origine. Poi ho acquistato un sax intorno ai vent’anni e mi sono appassionato al jazz, al blues e alla musica black in generale. Tuttavia, per suonare il jazz ed il blues, sarei dovuto passare per la musica classica. E così ho fatto. Mi sono avvicinato al Rock (e derivati) solo intorno ai trenta ed ho iniziato anche a cantare (e soprattutto urlare!). In tutti questi anni, poi, ho sempre scritto di tutto e letto molto. Credo che la fusione dell’elemento elettronico (innovazione e sperimentazione) e quello folk (tradizione e legame con le proprie radici) sia il naturale riflesso della mia personalità. Sono fortemente legato alle mie origini, ai miei paesaggi, ai miei sapori…ma al tempo stesso sono un esploratore e sono costantemente a caccia di novità.

La tua carriera come busker ei tuoi viaggi per l’Italia hanno lasciato un’impronta forte nella tua espressione artistica. Come queste esperienze hanno plasmato la tua visione musicale e influenzato la narrazione di “BLATTE” ? Ci sono momenti particolari o incontri che hanno ispirato i brani dell’album?

Quella del busker è una vita molto dura. È faticosa, bisogna sempre garantire una performance anche se non si è esattamente dell’ umore adatto e poi si è continuamente esposti alle intemperie. Bisogna percorrere chilometri con chili e chili di strumenti dietro. Ma, a volte, può risultare pesante anche emotivamente poiché, suonare per strada, tra la gente, equivale a mettersi a nudo davanti al mondo ogni giorno. Stai regalando la tua musica e la tua anima alla folla…a volte rientri a casa svuotato, privo di energie. Indubbiamente anche questo ha contribuito alla stesura dell’ album, anche se non è una tematica totalizzante. Il rivolto della medaglia è l’esperienza impagabile ed i mille incontri inaspettati che puoi fare per strada. Tra queste persone menziono con caloroso affetto Mario Sernicola, bassista ed arrangiatore dal giorno zero di questo progetto, Giovanni La Ferrara, chitarrista e arrangiatore,
Valerio De Martino, Nuova48 aka Bernardogamurra (featuring in Sparire), Pasquale Di Lascio (batterista nei live) e Mattia D’Amato (mix e mastering dell’album). Quasi tutti incontrati mentre mi esibivo per le strade. Invece il momento esatto in cui ho deciso che avrei scritto un album è stato quando, intorno ai ventisette anni, sono partito per la prima volta da solo, zaino in spalla, per il nord Italia ed ho raccolto sensazioni e suggestioni in un taccuino.

Hai descritto “BLATTE” come un’opera che non cerca di compiacere, ma di disturbare e scuotere l’ascoltatore. Qual è il messaggio più urgente che desideri trasmettere con questo album? E in che modo speri che le tue tracce, con il loro spirito dissidente, possano sostenere una riflessione su temi come l’emarginazione e la lotta interiore?

Come disse De Andrè, noi siamo solo dei cantanti, le nostre canzoni non salveranno nessuno e non hanno una reale valenza di lotta e di resistenza…ma se anche una sola anima si sentirà “salvata” da una mia canzone perchè penserá: «cazzo! ma sta parlando esattamente di come mi sento io!», beh, allora io avrò vinto, e la mia missione sarà compiuta. Mi piacerebbe che la gente impari a guardarsi dentro, ad ascoltarsi realmente e ad aprire un dialogo interiore profondo ed impegnativo. Questo risolverebbe la maggior parte dei problemi del mondo, ma non sarà certamente il mio disco a riuscire in questa epica impresa.