UAILD, il nuovo singolo “700 Squilli”, intervista:”Rosalia e Clementino ad esempio mi hanno insegnato a capire che dietro la musica devono esserci radici forti”

UAILD

UAILD, alternative rapper, nato a Isernia ma cresciuto in Calabria, ricava una risorsa inestimabile dalle sue radici, un connubio geografico che gli consente di raccontare le sue prerogative da un’ottica intensa e profonda.

Negli anni della crew, UAILD, ha girato i palchi e le jam confrontandosi con innumerevoli realtà in gare di freestyle ed esibendosi live in apertura ai concerti di Inoki Ness, Hyst e Mezzosangue.
Il suo animo non ha confini, come la sua musica, dopo Isernia e Calabria, cambia nuovamente meta per raggiungere Bologna, città in cui ha riscoperto venature classiche dell’hip hop e il soul della musica,  con una vocalità virtuosa e unica tendente al funky, proprio sulle tonalità degli albori di Neffa, porta nei suoi brani un processo straordinario, una vera e propria alchimia.

Il magazine Emozionienozioni ha raggiunto il cantautore UAILD per scoprire tutte le sue novità e non solo.

UAILD, il tuo pseudonimo è molto evocativo, porta alla mente il termine Wild, è una casualità, o è una scelta voluta?

È una cosa voluta, deriva dal mio pseudonimo da “gamer” Intudeuaild, un’italianizzazione di Into the Wild, un film (e un libro) che ha una storia molto seria. Il mio nome è un invito seguire i propri sogni come il protagonista del film, ma senza prendersi troppo sul serio.

Sei nato a Isernia, ma presto ti sei trasferito insieme alla sua famiglia in Calabria, quanto il connubio geografico ha determinato la direzione della tua formazione artistica?  Quando hai iniziato ad avvicinarti alla musica?

Nell’ Hip Hop la geografia è fondamentale, appartenere a un luogo ha un significato molto preciso, nel mio caso “appartengo” a ben tre luoghi diversi, tutti nel meridione, quindi mi ritengo molto fortunato.

Quali sono gli artisti che hanno avuto un ascendente maggiore sul tuo background musicale?

Mi sono avvicinato alla musica suonando il basso elettrico, un mio amico suonava la chitarra e volevamo mettere su una band, lui era bravissimo, faceva assoli fenomenali tenendo la chitarra dietro la schiena. Io quando lo vidi suonare pensai “se fare musica vuol dire questo, voglio farlo anch’io!”. Gli artisti che mi hanno influenzato di più da quando ho iniziato a fare musica sono (non in ordine): Sum41, Clementino, Joey Badass, Turi, J.Cole, Eminem, Rosalia, e potrei andare avanti. Difficile sceglierne solo alcuni, mi basta ascoltare anche solo una canzone per farmi influenzare da un’artista che mi piace. Per molti di quelli che ho citato la musica è solo una piccola parte di ciò che mi hanno insegnato, Rosalia e Clementino ad esempio mi hanno insegnato a capire che dietro la musica devono esserci radici forti, e che bisogna farle uscire fuori anche mescolandole con sonorità diverse.

Qual è il titolo di una canzone non tua che avresti voluto scrivere?

Sicuramente Lose Yourself di Eminem, restringendo il campo all’Italia direi O’Vient, di Clementino.

Hai aperto i concerti di Mezzosangue, Inoki Ness e Hyst. Cosa hai provato a ritrovarti catapultato in una realtà così notevole?

Beh, all’epoca era sicuramente un’esperienza elettrizzante che mi ha insegnato tanto, per il futuro però vorrei che diventasse una routine aprire (e fare) concerti importanti.

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Il tuo brano “Sogno italiano” vanta una collaborazione d’eccezione con Win Smith, come ha preso vita il featuring?

Winston è un’artista che considero un fratello, da anni volevamo fare un pezzo assieme e la tematica di Sogno Italiano ci ha unito, spero che in futuro faremo il bis!

Nella lirica di “Sogno Italiano” canti “È tutta invidia… Perché questo è il sogno italiano”, l’invidia costituisce maggiormente l’emblema del risentimento, o un vizio?

Pura ironia. Molto spesso i discorsi sul mezzogiorno vertono su questa poca voglia di lavorare di noi meridionali. Ahimé, nessuno di noi ha “poca voglia di lavorare”, però è anche vero che a nessuno piace spaccarsi la schiena, da qui l’ironia: è vero che al sud c’è poco lavoro (nostro malgrado), ma è anche vero che un po’ di tempo libero in più farebbe bene, soprattutto a molti “criticoni”.

Tra i versi di “Sogno Italiano” ascoltiamo “Sono stufo dei luoghi comuni, ma è tardi per farci cambiare i costumi”, oggigiorno c’è sempre più gente infelice condizionata dallo stereotipo della sicurezza, dal tradizionalismo e dal conformismo.  Il vero nucleo dello spirito di ciascuno risiede nell’avventura, nelle abitudini, o nella ricerca della felicità?

Io credo che ci sia sempre bisogno di un’evoluzione costante, il mondo va avanti e restare indietro sarebbe da sciocchi. il verso che hai citato è in particolare una critica alla mia terra e ai miei conterranei, che nonostante siano stufi di essere etichettati come ultra-conservatori, fanno davvero poco per cambiare questa immagine, è come se si fossero arresi, e un po’ mi dispiace.

Il tuo nuovo singolo “700 Squilli” esce in coppia con “Tutto Qui”, qual è la genesi dei brani?

I due brani nascono in momenti diversi (700 squilli è nato circa 6 anni fa, mentre Tutto Qui è più recente) e per esigenze diverse, solo in seguito è nata l’idea di farli uscire insieme, come se si completassero a vicenda, sono due facce della stessa medaglia.

I video di “700 Squilli” e “Tutto Qui” sono uniti in un loop continuo, qual è il principale filo conduttore?

Il filo conduttore è la storia di questi due ragazzi che vivono la stessa vita, in parallelo, la situazione sembra incentrata su un presunto romanticismo che in realtà per quello che mi riguarda non esiste, è semplicemente una rappresentazione grafico di due parti di me che si rincorrono costantemente: una che vorrebbe viaggiare per cercare migliori opportunità, e una che vorrebbe restare a casa, sono due realtà che non potranno mai incontrarsi ma per la mia sopravvivenza è necessario che esistano entrambe.

Le tue canzoni sono introspettive e innovative, se fossero un quadro, quale celebre pittore sceglieresti per dipingerle?

Non azzarderei un nome di un pittore troppo celebre, suonerei un po’ arrogante probabilmente. Però un pittore in cui ho rivisto qualcosa di simile a ciò che provo mentre scrivo è Diefenbach, o almeno mi piace pensarlo. se passate da Capri vi consiglio di dare un occhiata al museo.

Se fai un bilancio come sei cambiato nel corso degli anni? Cosa provi quando riascolti le prime canzoni che hai realizzato ai tempi del liceo?

Nel corso degli anni sono cambiato moltissimo, ho vissuto in città diverse, conosciuto persone diverse, ho studiato, ma il comune denominatore è rimasto sempre la musica. Al liceo non scrivevo molto, facevo molto freestyle quindi non posso riascoltare quello che scrivevo all’epoca, però ricordo ogni occasione in cui sono salito sul palco e in cui l’Hip Hop mi ha messo in condizione di esprimermi. Mi sento davvero fortunato a poterlo dire, sento come se il rap mi avesse salvato la vita, ed è un debito che difficilmente si può ripagare.

Hai organizzato il “Body ‘n Soul- Ritmi Vitali”, cosa porterai con te del festival?

Il festival mi ha insegnato molto, sono stato uno dei più giovani a organizzare una situazione del genere in Calabria, devo ringraziare i membri della mia vecchia crew che erano li con me a farsi in quattro per creare qualcosa di unico, è rimasta un’esperienza indimenticabile che porterò sempre con me.

La tua scrittura è molto diretta e d’impatto, qual è la tua principale fonte di ispirazione? Come prendono forma le tue canzoni?

L’ispirazione è il mondo, non puoi creare se non vivi. Si dice che nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Penso che con l’arte sia la stessa cosa, l’artista è un veicolo che riesce a trasformare gli input del mondo esterno e trasformarli in arte, un linguaggio universale che tutti possono capire. Non ho una metodologia precisa, può essere che l’ispirazione mi venga alle 3 di notte dopo essermi già messo a letto, allora prendo il telefono e inizio a scrivere.

Hai un motto che sposi assiduamente?

Sembra una di quelle robe un po’ cringe da pagine motivazionali, ma è una frase che mi disse una volta mio fratello e in cui credo fermamente: “il lavoro duro batte il talento, quando il talento non lavora duro”. Non so, può darsi che l’abbia rubata a Kobe Bryant ma l’importante è che abbia sortito il suo effetto.

Come vivi il mondo dei social network?

Per me usare i social è come uscire di casa e stare in piazza, li uso pensando di interagire con tante persone che si trovano con me nello stesso modo, faccio quello che farei nella vita reale (con qualche filtro in più, s’intende).

Parteciperesti al Festival di Sanremo? Quale brano Sanremese ricordi maggiormente?

Non ho mai seguito il festival, di base perché della gara non mi importa, le canzoni poi le ascolto comunque in separata sede e scelgo quelle che mi piacciono di più a prescindere dalla classifica. Partecipare allo show sarebbe un’esperienza interessante, tanti riflettori, lo farei sicuramente. Di canzone non ne so mezza, dico la verità.

Quanto credi che i talent show siano importanti oggigiorno per il panorama musicale?

Sicuramente sono importanti per il panorama musicale nel senso che aiutano le case discografiche a trovare nuovi talenti, io non li guardo perché ho l’ansia per i concorrenti, mi immedesimo troppo ed è come se dovessi suonare io, non la reggo benissimo diciamo.

Quali sono i tuoi progetti imminenti?

Fare musica, fare musica, fare musica (nel tempo libero forse mi laureo ma quando e come rimane un’incognita).

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