Trunchell, Etc., intervista, il nuovo singolo “Truman Show”: ‘è la prima volta che mi metto a nudo così tanto in un mio brano’

Trunchell, Etc.

Trunchell, Etc., intervista, il nuovo singolo “Truman Show”: ‘è la prima volta che mi metto a nudo così tanto in un mio brano’

Trunchell, Etc.

Trunchell, Etc., il suo vero nome all’anagrafe è Francesco Truncellito, è un giovanissimo cantautore italiano, nato a Matera, il 6 Gennaio 2000, nonostante la sua età, è un artista che denota una spiccata maturità e ha alle spalle un lungo percorso artistico in continua evoluzione.

Dopo aver suonato per molti anni in gruppi punk e alternative rock, a partire dal 2017, Trunchell, Etc., ha deciso di intraprendere la sua carriera da solista sperimentando diversi generi musicali, vicini al rap e non solo.

Il brano “Emily Norton”, ha consentito a Trunchell, Etc. di scalare le vette delle classifiche e di raggiungere le principali radio.

Il suo nuovo singolo affronta l’ipocrisia e la malattia mentale, si intitola “TRUMAN SHOW”, abbiamo intervistato Trunchell, Etc., ci ha svelato lati inediti della sua musica, della sua carriera artista, inoltre ha parlato del suo nuovo disco in prossima uscita.

Com’è avvenuta la scelta del tuo nome d’arte, Trunchell, Etc.? Quando hai percepito l’importanza della musica nella tua vita?

“Trunchell, Etc.” ha origine innanzitutto dal mio cognome (Truncellito), in secondo luogo è una sorta di visione post-apocalittica del mondo, dove, dopo la fine di tutto, rimango solo io (Trunch), il mio inferno (Hell) e quell’ “Etc.” è tutto ciò che l’uomo ancora non può o non riesce a comprendere e tende a minimizzare con un semplice “Eccetera”. Mi sono avvicinato al mondo della musica sin da piccolo grazie a mio padre, che mi ha da subito proposto l’ascolto di grandi band rock: Pink Floyd, Deep Purple, Led Zeppelin, U2…Da allora non ho mai smesso di ascoltare musica, è parte integrante della mia vita e le sarò sempre riconoscente.

Trunchell, Etc.

Quali artisti hanno influenzato particolarmente il tuo background artistico?

Il primo artista che mi sento in dovere di menzionare è sicuramente Marilyn Manson, lo ascolto dall’età di 3 anni e ho preso ispirazioni da lui sia a livello artistico che umano. Mi è stato di grande aiuto nella realizzazione della mia musica, nella formazione della mia persona e della mia filosofia di vita. Per quanto riguarda il panorama italiano e il rap, un’influenza rilevante l’ha avuta su di me Nitro, è stato il primo rapper in assoluto che ho ascoltato e apprezzato, ma devo fare altri nomi: Axos, Calver Gold, Murubutu, Lanz Khan, En?gma…

Il tuo nuovo singolo “Truman Show” è un autentico manifesto contro l’emarginazione, come ha preso forma il brano?

“Truman Show” nasce dall’esigenza di raccontarmi, di raccontare un determinato periodo della mia vita e di farlo nella maniera più genuina possibile. Infatti è la prima volta che mi metto a nudo così tanto in un mio brano e lo faccio in maniera così diretta. E’ stato un vero e proprio flusso di coscienza, ho chiuso il pezzo in una serata e proprio questo mi ha spinto a farlo uscire subito e mi ha fatto pensare che sarebbe stato il prossimo singolo dopo “Emily Norton”, anche se totalmente agli antipodi. “Truman Show” non è solo un racconto, ma anche un invito. Un invito a tutte le persone che stanno combattendo contro l’ansia e la paranoia o contro tutti i disagi inerenti alla sfera psichica a prendere consapevolezza di questo, a non minimizzare il problema e a parlarne. Questo tipo di problemi è il più subdolo, perché non si manifesta materialmente e tende a divorarti dall’interno, proprio come un parassita. Per questo vorrei che si ponga più attenzione a riguardo. Il secondo invito, invece, è rivolto a tutti coloro che, come me, tendono a non esternare i propri sentimenti nei confronti delle persone che amano. E’ un problema estremamente comune e a volte invalidante. Per questo ho deciso di porre l’attenzione su questi due problemi che ho vissuto e vivo in prima persona, nella speranza di aiutare chiunque altro ne soffra.

In “Truman Show” canti ‘non sai cosa vuol dire soffrire d’ansia, sperare di morire mentre il giorno avanza’, quanto credi che la musica possa illuminare le fragilità? Qual è la tua chiave segreta contro l’ansia che avanza?

Credo che la musica sia la forma d’arte più intima, che riesca più di ogni altra cosa a far fare i conti con sé stessi. Il rapporto che si ha con la musica è ovviamente molto soggettivo, per me è stata una salvezza e credo lo sia per tantissime persone. L’ansia non si sconfigge, si impara a conviverci, si cerca di non farsi sopraffare da lei nel quotidiano. Penso che l’arma più forte sia prendersi quel momento della giornata in cui ognuno di noi possa fermarsi a parlare con la propria coscienza, sono dell’idea che affrontare piccoli o grossi problemi volta per volta sia molto meno doloroso che farlo tutto d’un fiato. Bisogna aver il coraggio di prendere atto della realtà, cercare una scappatoia anestetizza al momento, ma non risolve il problema.

Nel testo di “Truman Show” declini le odierne ipocrisie per dire basta ai tabù, qual è a tuo avviso la chiave contro le discriminazioni?

Le discriminazioni sono dettate dall’ignoranza, si discrimina ciò che non si riesce a comprendere, ciò che si crede essere diverso. Personalmente mi è capitato spesso di interloquire con persone che, anche quando ignoravano qualcosa, si sentivano in dovere di dire la loro come fosse legge. La presunzione di sapere prima di conoscere può essere l’origine di questo male. Ma, a volte, non mi sento nemmeno di recriminare chi non sa, piuttosto recrimino chi non fa nulla affinchè gli altri sappiano, chi non educa queste persone riguardo qualcosa nello specifico. La chiave contro la discriminazione è, quindi, la conoscenza.

La tua musica ha istantaneamente raggiunto centinaia di migliaia di streams, hai scalato le classifiche digitali e radiofoniche. Quanto sono autobiografici i testi dei tuoi pezzi?

Diciamo che nella mia musica c’è stata una sorta di evoluzione. I primi brani che scrivevo erano sì autobiografici, ma un po’ troppo pregni di metafore, forse perché non volevo che l’ascoltatore associasse alla mia persona ciò che raccontavo, non volevo e non me la sentivo di mettermi così a nudo. Più recentemente, invece, sono riuscito a superare questa “paura” e sto scrivendo pezzi sempre più diretti, sempre più intimi e personali. Ma mi piace anche parlare di malesseri non inerenti alla mia persona, credo sia molto più difficile quando si parla di un qualcosa che non si è vissuto e si riesca comunque ad arrivare in maniera diretta all’ascoltatore.

Quanto avverti la responsabilità dei messaggi profondi che comunichi attraverso la tua musica?

Non credo di essere portatore di verità e non voglio nemmeno esserlo. L’artista dovrebbe lasciare spazi di interpretazione al proprio pubblico, non per forza indirizzarne l’opinione. Quando comunico qualcosa attraverso la mia musica spero sempre che qualcuno possa immedesimarsi in ciò, possa coglierne del positivo o riflettere sul negativo e migliorarsi. Non impongo dritte comportamentali, lascio la libertà ad ognuno, come voglio sia fatto con me.

“Emily Norton” ha travolto le classifiche prepotentemente con la sua originalità, un brano che apre nuovi orizzonti. Hai scelto la famiglia Norton, conosciuta storicamente per l’indole dei suoi componenti. Quanto è stato difficile esorcizzare il loro lato oscuro?

“Emily Norton” è un pezzo nato con l’intento di spiegare cos’è il male, in modo che tutti, o quasi, possano comprenderlo. Credo si tratti di un concetto molto complicato da esplicare a parole, per questo mi sono servito di simboli, concetti, perché li ritengo la più diretta forma di espressione. Questo è un brano cupo, violento, ma al tempo stesso lascia spazio a metafore e giochi di parole. Fa riferimento alla famiglia Norton, conosciuta storicamente per la pazzia e la malvagità dei suoi componenti e la protagonista del racconto, Emily Norton, viene descritta come paranoica, malvagia e crudele; volevo esorcizzare questo male e dargli un volto. Molti credono che il diavolo non sia reale. Io gli ho dato un’identità per far capire loro che lo è. Ed è molto più umano di quanto possano pensare

Parteciperesti mai a un talent show?

Fino all’anno scorso non mi sarei sentito a mio agio partecipando ad un talent. Non sono mai stato un loro sostenitore o assiduo spettatore, ma l’anno scorso mi sono ricreduto con la nuova edizione di Xfactor. Hanno dato spazio a tantissimi generi e non mi sarei mai aspettato così tanta buona musica. Ci sono state band come Mutonia, Karakaz che mi hanno riportato ai tempi in cui sfasciavo i locali con i miei gruppi e questo mi ha lasciato positivamente spiazzato. Quindi sì, parteciperei ad un talent ora.

Come ti relazioni al mondo dei social network?

Cerco di mantenerne le giuste distanze, anche se inevitabilmente li frequento quotidianamente. Tengo aggiornati i miei ascoltatori sull’uscita di nuova musica e, a volte, condivido anche pezzi della mia vita. Il social network è il contatto più diretto che ho col mio pubblico, chi ascolta la mia musica e vuole commentarla o esprimere un proprio parere lo fa lì. Per il resto credo che sia tutto molto fittizio, mostriamo sui social la parte migliore di noi, ponendo l’altra sotto un tappeto come polvere da nascondere.

Il Festival di Sanremo è alle porte, quale canzone della kermesse porti nel cuore?

 Non sono un amante di Sanremo, l’ho visto pochissime volte e senza l’intento di farlo. Ho apprezzato molto lo scorso Sanremo per la presenza dei Maneskin, che hanno portato una boccata d’aria fresca in Italia, ricolma di rapper e musicisti indie.

Qual è il tuo motto?

“Tra bene e male siediti in mezzo”

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

L’anno prossimo conseguirò la mia laurea in giurisprudenza. In ambito musicale sto preparando già il prossimo singolo e il prossimo EP. Il viaggio è appena iniziato.

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