Smart working: i numeri ai tempi del coronavirus

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Smart working: i numeri ai tempi del coronavirus

Ai tempi del coronavirus lo smart working è entrato prepotentemente nella quotidianità con un numeri in continua espansione.

Nel corso del primo lockdown i dipendenti in lavoro da remoto erano molti, ma attualmente il numero è cresciuto a dismisura. Siamo passati velocemente dai numeri del primo lockdown, erano numeri inferiori al milione, erano 570mila circa dipendenti in smart working, fino ai numeri degli attuali impiegati da remoto, sono al momento  6,58 milioni. I dati sono stati raccolti ufficialmente dall’Osservatorio per lo Smart Working del Politecnico di Milano.

I numeri degli impiegati che hanno trasferito il proprio ufficio presso la propria abitazione sono in perenne crescita a causa del covid. È in atto una rivoluzione nel mondo del lavoro con una svolta verso il cosiddetto lavoro agile, smart- working, costringendo sempre più persone a trasferire il proprio luogo di lavoro in casa per via della pandemia che affligge il mondo da quasi un anno con l’emergenza sanitaria causata dal coronavirus.

Era inevitabile con l’avvento dello smartworking l’arrivo delle nuove giustificazioni digitali per scusarsi, le vecchie scuse classiche hanno assunto sembianze nuove e i documenti mangiati dal proprio cane sono diventati gli errori del server, o la connessione che procede a rilento.

Durante le riunioni on-line di lavoro si abusa frequentemente degli sfondi per nascondere il disordine e si ricorre al muto per non soccombere a delle domande scomode. Lo smart working si è integrato a pieno nella vita giornaliera diventando un’abitudine della normalità.

L’unica nota dolente del lavoro da remoto resta l’impossibilità di dividere le ore di lavoro dalle ore libere da dedicare a se stessi. Di conseguenza ci si sente regolarmente sotto pressione e “costretti” a lavorare a tutte le ore. Proprio per questa ragione i dati hanno dimostrato un aumento dei risultati prodotti dal lavoro da remoto.