Pupi di Surfaro, dalla vittoria del Premio Andrea Parodi al nuovo singolo “Amami In Sogno”, intervista: “siamo arrivati secondi per un punto al Premio De André, abbiamo vinto il Premio Parodi e il Tour Music Fest. Mi piace dire che questo è stato il nostro battesimo. E De André è il nostro padrino”

Pupi di Surfaro

Pupi di Surfaro, gruppo musicale italiano, formatosi in Sicilia, composto da Pietro Amico, Totò Nocera e Salvo Coppola.

Sono una delle band più originali dell’attuale panorama musicale, i Pupi di Surfaro riescono a far confluire sonorità provenienti da diversi generi musicali generando uno stile innovativo e unico.

Il loro esordio risale all’XI Festival della Nuova Canzone Siciliana nel 2010, hanno riscosso immediatamente ampi consensi dagli addetti ai lavori e dal pubblico.

In seguito hanno aperto molti concerti dei Modena City Ramblers in giro per tutta l’Italia.

Si sono esibiti sui prestigiosi palchi del Taranta SicilyFest, Forum Antimafia a Cinisi, Festival dello Scorpione a Taranto, Milano Expo, Milano Ex Polis, Folkest, Mare e miniere, Maggio Sermonetano, BasulaFest, Carovana Antimafia, MedFest, European Jazz Expò, Negro Festival, All you need is pop di Radio Popolare, Auditorium del Parco della Musica di Roma.

Inoltre sono arrivati finalisti al “Premio Fabrizio De Andrè e col disco “Nemo Profeta” sono giunti finalisti alle Targhe Tenco.

Hanno vinto innumerevoli premi autorevoli, tra i quali troviamo annoveriamo l’importantissimo premio internazionale “Andrea Parodi” e il celebre “Premio Voci per la libertà” di Amnesty.

In concomitanza con l’uscita del loro nuovo singolo, “Amami in Sogno”, abbiamo raggiunto Totò Nocera per un’intervista esclusiva tra segreti e novità.

Qual è la genesi del vostro nome d’arte?

Pupi di Surfaro fa riferimento alle due anime contrastanti della nostra terra: i Pupi siciliani, simbolo della nostra cultura tradizionale, ma anche ai Pupi di Zucchero che sono un dolce tipico della festa dei morti del 2 novembre. Delle statuette di zucchero dipinte e decorate, che tradizionalmente ritraggono i paladini di Francia. Il dolce dello zucchero si fonde e contrasta con l’amaro del Surfaro, lo zolfo, delle miniere. Le solfare hanno rappresentato una pagina importante nella storia e la cultura dell’entroterra siciliano. L’estrazione dello zolfo, fino a pochi decenni fa, è stata l’opportunità per pochi di arricchirsi e per moltissimi di sfamare la propria famiglia, ma a costo di grandi sacrifici e spesso, purtroppo, della stessa vita. Proprio lo zolfo, questo minerale che brucia è produce energia, che ha effetti benefici sulla nostra salute, è l’essenza della nostra natura e del nostro progetto musicale.

Pupi di Surfaro

Tra i tanti premi che vi sono stati conferiti, avete vinto il “Premio Voci per la libertà” di Amnesty, cosa ha significato per voi un riconoscimento così eminente e ragguardevole?

L’impegno politico e sociale è sempre stato un elemento imprescindibile del nostro progetto. Per fortuna, abbiamo vinto tanti premi nazionali importanti. Ma quando viene apprezzato e riconosciuto il valore politico del nostro lavoro è segno che i nostri propositi possano davvero arrivare al cuore e alla testa delle persone. Abbiamo vinto il Premio Voci per la Libertà nel 2018 con Gnanzou. Un brano sulle morti del Mediterraneo, contro l’arroganza imperialistica del mondo occidentale che produce tanta crudeltà e tanto orrore, dallo sfruttamento spietato dei paesi in via di sviluppo.

Pupi di Surfaro

Avete esordito in un prestigioso festival, ottenendo immediatamente ampi consensi, cosa portate con voi dell’esperienza all’XI Festival della Nuova Canzone Siciliana?

Fino ad allora eravamo un gruppo di musica folk siciliana. Siamo partiti dalla ricerca delle nostre radici. Quasi per gioco decisi di scrivere una canzone per partecipare al Festival della Nuova Canzone Siciliana. È stata un’esperienza indimenticabile, perché ci ha permesso di incontrare e di misurarci, in un colpo, con tutto il mondo della musica siciliana e non solo. Siamo andati come un gruppo di sbandati, solo per divertirci. Era ancora la fase che per salire sul palco dovevamo essere ubriachi. Tutti si accorsero che avevamo delle potenzialità che avremmo scoperto negli anni. Capimmo che non sarebbe stato facile. Ma che dovevamo provarci. È così che si comincia, no?

Pupi di Surfaro

Siete arrivati tra i finalisti a “Musicultura”, cosa ha significato per voi una meta talmente rilevante?

Musicultura è un tempio della musica. Anche quella è stata una conferma. C’eravamo. Eravamo i Pupi di Surfaro. Il fatto che il nostro progetto continuasse ad essere riconosciuto dalla critica, dagli addetti ai lavori e dal pubblico ci ha dato tanto coraggio e determinazione per poter andare avanti.

Pupi di Surfaro

Il vostro nuovo singolo “Amami in sogno” è una splendida ballad intensa e struggente, come ha preso forma?

Sono sempre stato affascinato e molto colpito dalle band rock che a un certo punto decidono di fare una ballad. Tipo Nothing else matters. Le migliori ballad in assoluto sono state realizzate da gruppi che di solito fanno un casino allucinante. Per questo, in ogni album dei Pupi ci deve sempre essere una canzone d’amore. Ed è un brano sempre a quattro mani in cui ho scritto un testo su una musica del mio grande amico e fratello in musica Aldo Giordano. Fino ad oggi il risultato è sempre stato sorprendente. Anche se c’è sempre qualcosa che va storto… Amami in sogno è la storia di un amore distopico. Un amore perverso. Un maiale che si innamora di una creatura angelica. Sente una forte attrazione ma, contemporaneamente, ha paura d’avvicinarsi troppo. Vorrebbe amarla, ma sa che, in quanto maiale, sarebbe capace solo di farle del male. Quindi si costringe ad amarla soltanto nel sogno.

Il videoclip ufficiale del vostro nuovo singolo è un meraviglioso omaggio al cinema di Pasolini, quanto siete stati affaccendati nella realizzazione del video?

A noi piace sempre rendere omaggio e farci ispirare dai maestri che hanno segnato le strade che ci avventuriamo a percorrere. È emozionante sentire il disagio e la grande responsabilità nell’associare il nostro a nomi così importanti. Cerchiamo di farlo sempre con profondo rispetto e, magari, senza farci prendere dal panico. Pasolini è una figura fondamentale della nostra ricerca. Soprattutto nella sua fase cinematografica. Nel nostro videoclip facciamo riferimento a due lavori molto importanti, ma molto diversi. Mamma Roma e La ricotta. Che raccontano l’uno il suo rapporto con la parte più drammaticamente vera dell’esistenza umana e l’altro la sua dimensione spirituale e il rapporto con la religione.

Inoltre il videoclip è stato presentato alla Sala Rossellini a Roma il 5 marzo, nel giorno del centesimo anniversario della nascita di Pier Paolo Pasolini, a quale pellicola cinematografica siete più legati tra i capolavori presenti nella sua filmografia?

Difficile poter scegliere. Anche perché tutti i film di Pasolini sono sempre così profondamente diversi. Se devo dirne uno, mi piace citare Porcile. È quello che ho studiato di più e dal quale ho trovato più ispirazione per la realizzazione del nostro nuovo progetto che si intitola Animal farm.

Vi siete esibiti in giro per l’Italia aprendo concerti dei Modena City Ramblers, come avete vissuto una tournée così emblematica?

Emblematica è proprio la parola giusta. Non solo perché coi ragazzi dei Modena è nata subito una grande intesa e una bella amicizia. Nel tentativo maldestro di dover definire il nostro genere o, quantomeno, la nostra collocazione nel mondo della musica, abbiamo coniato il Nu Kombat Folk. Facendoci carico dell’eredità artistica e culturale del Combat Folk nato proprio dalla storica band che ha dato inizio al filone tutto italiano di musicisti combattenti e impegnati. È stato un onore.

Avete suonato dal Milano Expo all’ European Jazz Expò, qual è il luogo ideale del vostro concerto perfetto?

Nel nostro progetto si fondono tante anime e forse anche tante intenzioni diverse. È una musica potente, da ballare. Ha un messaggio forte. È impegnata. Ma ha anche una grande matrice cantautorale. Il rapporto col pubblico e lo scambio di energia che si instaura è sempre formidabile. Ma, a volte può capitare, che il pubblico che non ci conosce si faccia un’idea sbagliata, proprio perché è difficile interpretare un progetto così complesso. Per il mio gusto e per la mia particolare formazione, il posto che preferisco e quello dove io mi sento più a mio agio è il teatro.

Siete approdati alla finale del “Premio Fabrizio De André”, come avete percepito un traguardo così importante?

De André è un faro che illumina e dà la direzione. Quanto noi abbiamo attinto al repertorio di un artista così importante non si può misurare. Anche, e non solo, nella sua capacità di rinnovarsi continuamente. Mi piace anche leggere i segni del destino. Quando scrivo una canzone ho bisogno sempre di un lungo periodo di ricerca e di una fonte o un punto di partenza. Volevo fare la cover de Il bombarolo di De André. Ho provato a elaborarla, a tradurla in dialetto siciliano. Poi a trasformarla e ad attualizzarla. È venuta fuori Li me paroli. Un brano fortunatissimo con cui siamo arrivati secondi per un punto al Premio De André, abbiamo vinto il Premio Parodi e il Tour Music Fest. Mi piace dire che questo è stato il nostro battesimo. E De André è il nostro padrino.

Con il disco “Nemo Profeta” siete arrivati finalisti in uno dei più prestigiosi premi della musica italiana. Come avete vissuto l’esperienza alle Targhe Tenco?

La finale alle Targhe Tenco è stata un sogno. La conferma definitiva. Dopo quello abbiamo fatto tutto. I Pupi di Surfaro esistono e sono una realtà nel panorama musicale italiano. Ora ci serve solo diventare ricchi e famosi…

Siete estremamente particolari e originali, quanto avvertite la responsabilità dei messaggi che trasmettete attraverso la vostra musica?

Essere originali è stata una sfida importante che abbiamo ingaggiato sin dall’inizio del nostro percorso. Nel terzo millennio è impossibile inventarsi qualcosa di veramente nuovo. Allora abbiamo tirato fuori la nostra essenza siciliana. Cioè, la capacità di sperimentare e di “mischiare”. Abbiamo sviluppato uno stile pieno di contaminazioni, dove tutto è perfettamente riconoscibile e nel suo complesso originalissimo. Riguardo alla trasmissione dei messaggi, non sono sicuro che sia la nostra vera missione. Credo che l’artista non debba comunicare o fondare, ma, semmai, destrutturare. Come il bombarolo, distruggere, far crollare le certezze su cui fondiamo la nostra vita e su cui si fonda la società. Scuotere le coscienze è la cosa più importante che l’arte possa fare. Porre le domande, senza avere le risposte. Con grande presunzione, credo di poter dire che, ormai, non lo faccia quasi più nessuno.

Quanto conta la musica nella vostra quotidianità?

La musica è il nostro lavoro. Noi produciamo musica e ci cibiamo di musica. Studiamo la musica. Inventiamo la musica. Viviamo di musica. Ma provo un enorme disagio e profonda tristezza quando la musica diventa merce o semplice intrattenimento. Per me la musica è sacra. La musica non si consuma, ma va celebrata.

Come vi relazionate ai social network?

Malissimo! I tempi cambiano e ci si deve aggiornare continuamente. E io, personalmente, faccio una fatica sconcertante. Ma non è sempre una questione di modernità. I social ti danno l’illusione di instaurare un contato con i fan, ma che non è reale. E hanno anche cambiato il modo di trattare la musica, rendendola sempre più consumistica. Sono ancora molto legato ai dischi. Ed è l’attività live di una band che la rende vera e la rende viva. Insostituibile!

Con quali artisti vorreste collaborare in futuro?

Vorremmo essere nati in un altro periodo. Ho conosciuto personalmente Enzo Jannacci. Un artista e un uomo grandissimo. Ancora devo capire se artisti così grandi non ne nascono più perché il gene della banalità ha ormai contaminato il nostro DNA. Oppure esistono, e mi piacerebbe eventualmente essere tra questi, ma non hanno la possibilità di venire fuori. Bisognerebbe chiederlo a Quelo… Penso che l’unico artista della nostra generazione capace di quella profondità possa considerarsi solo, eventualmente, Vinicio Capossela.

Quali sono i vostri progetti futuri?

È facile rispondere. È prossimissima, tra il 25 aprile e l’1 maggio, l’uscita del nostro nuovo album dal titolo Animal Farm, sulle false libertà e le nuove schiavitù, interamente dedicato a Pier Paolo Pasolini. Venderemo un sacco di dischi e faremo centinaia di straordinari concerti.

Il videoclip ufficiale del nuovo singolo “Amami in Sogno” dei Pupi di Surfaro

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