ilmostrodellaband: “i miei brani nascono con la chitarra acustica”

ilmostrodellaband: "i miei brani nascono con la chitarra acustica" - intervista

Ci sono opere che non si limitano a essere ascoltate, ma che sembrano scritte per essere vissute sulla pelle, attraversate come corridoi della psiche, specchi dell’inconscio. “L’espressione del mostro”, il nuovo album firmato dal visionario progetto Ilmostrodellaband, è una di queste esperienze sonore in grado di dilatare le percezioni e di porre l’ascoltatore di fronte a una verità disarmante: quella dell’umano fragile, crudo, ma in continua rinascita.

Abbiamo avuto il privilegio di incontrare l’anima dietro questo progetto, Tiziano Piu, per un’intervista che non si è limitata a indagare il disco, ma si è trasformata in un’intima esplorazione dell’arte come necessità, della memoria come detonatore creativo, e della musica come atto di sopravvivenza emotiva. Un dialogo tra oscurità e luce, dove la malinconia si fonde con la consapevolezza e la ferita diventa forma. Perché il mostro, in fondo, siamo noi: nella nostra versione più autentica. Ecco cosa ci ha raccontato il progetto Ilmostrodellaband.

“L’espressione del mostro” sembra essere una dichiarazione di vulnerabilità e di forza al tempo stesso. Cosa rappresenta per te il “mostro”? È un’entità da esorcizzare o un frammento autentico del tuo essere?

<<Sicuramente c’è la vulnerabilità e la forza perché un po’ è così. La mia espressione oggi è scritta nelle 8 tracce del disco. Però è una delle mie molteplici espressioni, non l’unica. Quindi direi un frammento autentico del mio essere>>.

Il tuo nuovo album si muove tra il passato e il presente, tra il dolore della memoria e una consapevolezza più lucida. Quanto è stato necessario scavare nelle ferite per trasformarle in suono e poesia?

<<Più che scavare nelle ferite ho realizzato che i problemi della vita in qualche modo mi fanno sentire vivo e mi sono creato nel tempo una corazza. Naturalmente l’esigenza di scrivere di fronte a un dolore o una perdita fa parte di me. In qualche modo mi devo liberare, è una delle sensazioni più forti che conosco>>.

La tua musica attinge alla dark wave, all’elettronica anni ’80 e al synth pop, ma al centro rimane un’anima profondamente umana. In che modo il contrasto tra elettronica e intimità riflette la tua visione artistica?

<<Perché fondamentalmente i miei brani nascono con la chitarra acustica, in modo intimo e spontaneo. Tendo a tenere le prime prove, senza modificare troppo. L’emozione va tenuta autentica, come è in quel preciso momento. Dopodiché avviene la produzione, lì si può in qualche modo sperimentare, rispettando però il brano e la sua comunicazione>>.

Brani come “Serenella nel vuoto” e “M.D.” affrontano la perdita e il distacco. La musica per te è un modo per dialogare con chi non c’è più o piuttosto un rito per dare forma all’assenza?

<<Ma probabilmente potrebbe essere in un certo senso un rito che ormai mi appartiene. Io scrivo solo se l’emozione è veramente ingestibile, quando arriva a quei livelli devo esorcizzarla in qualche modo. Il mio metodo per farlo è la scrittura>>.

Nell’album troviamo anche una cover di “Spaziale” di Edda, rivisitata con atmosfere eteree. Cosa ti ha spinto a reinterpretare questo brano e quale nuovo significato hai voluto dargli?

<<Da qualche anno ho scoperto Edda, la prima canzone che ho sentito di lui è proprio “Spaziale”. Ricordo una folgorazione, un amore a prima vista, un brivido. Raramente i brani mi danno queste sensazioni al primo ascolto. La cantavo nei miei viaggi in macchina un po’ alla maniera di Edda, perché la sua interpretazione è grandiosa. Quando ho deciso di fare la cover, in sintonia con la base di Flavio Ferri, non potevo che trovare una strada diversa per il ritornello. Era importante interpretarlo diversamente nel rispetto dell’autenticitá di quel brano e del suo autore>>.

ilmostrodellaband: “i miei brani nascono con la chitarra acustica” – intervista

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