Michele Bisio: “con Zibba si è creata una bella intesa’ – intervista

Michele Bisio: "con Zibba si è creata una bella intesa' - intervista

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Michele Bisio, giovane cantautore genovese il cui percorso artistico ha già dimostrato una maturità sorprendente. Il suo nuovo EP, Non c’è nulla da nascondere, si presenta come un’affascinante esplorazione sonora dell’autenticità, invitando l’ascoltatore a liberarsi dalle maschere e ad abbracciare le proprie vulnerabilità. Ogni traccia dell’album sembra essere una piccola istantanea di vita, un frammento che si concretizza in un racconto musicale intimo e profondo, in cui la scrittura si fonde con la passione per la letteratura e la musica. La collaborazione con Zibba ha contribuito a definire ulteriormente il suo suono, con un equilibrio perfetto tra sperimentazione e autenticità. In questa intervista, Michele Bisio ci guida attraverso il suo processo creativo, raccontando come ogni canzone sia un riflesso di momenti vissuti, emozioni e riflessioni personali. Un viaggio sonoro che svela l’essenza di un talentuoso artista pronto a fare il suo ingresso definitivo nella scena musicale.

Il titolo del tuo nuovo EP, “Non c’è nulla da nascondere”, sembra essere un invito potente a mostrare la propria autenticità, liberandosi da maschere e reticenze. Come hai tradotto musicalmente questa idea di vulnerabilità e sincerità, e in che modo ogni traccia rappresenta un’istantanea di vita che emerge attraverso la musica?

La prima giornata in studio con Zibba l’abbiamo passata a parlare: e il lavoro sull’autenticità è nato proprio da lì. Dovevo capire non tanto cosa dire ma come dirlo. C’è stato un particolare input che mi ha sbloccato: quello di raccontare le cose da dentro e non da fuori. Assumere la prospettiva di ciò che racconto, e se racconto di me, allora calarmi in quella sensazione che voglio catturare e scrivere scrivere scrivere senza pensare troppo. Il momento per riordinare i pensieri in una forma arriverà a tempo debito. Una volta che ho fatto mia questa cosa mi sono messo a scrivere e i pezzi son venuti fuori. Ciascun brano del disco è legato a precisi momenti che ho vissuto per la maggior parte in quest’ultimo anno, mi riporta a persone e a situazioni specifiche, è come avere una sorta di album fotografico da ascoltare. È forse anche per questo motivo che mi è venuto spontaneo dare ad ogni brano un titolo breve, e associarlo ad un elemento concreto che lo potesse rappresentare: un mattoncino di lego, un paio di scarpe, delle biglie, un ombrello, delle rondini. Il titolo dell’ EP è tratto l’ultima frase di “Rondini” il pezzo che chiude il disco. L’ho scelto proprio perché mi sembrava potesse racchiudere questo legame tra l’ autenticità della scrittura e l’immediatezza evocativa che ha almeno su di me

La tua scrittura sembra immergersi nelle sfumature emotive più intime, creando un paesaggio sonoro che va oltre la semplice narrazione. Come riesci a coniugare la tua passione per la letteratura e la musica per costruire testi che siano sia profondi che melodicamente coinvolgenti?

Sicuramente il fatto che studi lettere è uno stimolo in più, non tanto per la letteratura in sé quanto per il dialogo che ne può nascere: discutere di una lezione, di un argomento o una tematica a me, ma credo sia così in generale, permette di mettermi in crisi, di ripensare le cose e di leggerle da una prospettiva diversa. Nella scrittura di canzoni si ricerca più o meno lo stesso. Il punto di partenza è lo stesso, la musica poi ti permette di dare determinati colori alle cose che dici.

“Biglie”, il singolo che anticipa l’EP, sembra raccontare una riflessione sul tempo e sul destino. Qual è la genesi di questo brano, e come si inserisce nel contesto emotivo dell’EP, che invita ad accogliere ciò che emerge senza paura?

Dei cinque pezzi è sicuramente quello più autonomo, quanto meno nel risultato finale. Prima di tutto perché è un featuring con una strofa rap, e poi perché la sua sonorità reggae si allontana da quelle di tutti gli altri pezzi. Ma in realtà il processo creativo è stato più o meno lo stesso degli altri, anzi forse è ancor più legato ad un preciso momento vissuto perché la mia strofa e ritornelli li ho scritti subito dopo qualche giorno di mare con amici. Quindi quella forza fotografica forse è ancora più forte.

Ogni traccia dell’EP sembra essere come una fotografia sonora, un frammento che prende vita. Quali sensazioni o immagini visive hai cercato di evocare attraverso l’arrangiamento e la produzione, soprattutto in brani come “Rondini” e “Respiro”?

Gli arrangiamenti di “Rondini” e “Respiro” tra tutti sono quelli un po’ più aperti e ariosi.
“Respiro” nasce da una domanda “Chi ha deciso che se piove si chiama brutto tempo?” E così anche l’arpeggio di chitarra iniziale l’ho buttato giù pensandolo come una resa della pioggia che cade. Poi la dinamica del pezzo alterna piani e forti cercando di rendere la ritmica del respiro fino ad aprirsi completamente sul coro finale.
L’idea musicale di rondini è nata da una melodia abbozzata sulla chitarra che poi ha preso forma, il pezzo in sé mi piaceva già nudo e crudo solo chitarra e voce. Poi quando ho sentito i sinth e la linea di sax di Stefano Riggi ho capito che avrebbero dato ancora più calore e quel tocco di malinconia che mancavano.

La collaborazione con Zibba ha sicuramente influenzato l’approccio creativo dell’EP. In che modo il suo supporto ha contribuito a modellare il tuo suono e a dare una forma più definita alla tua visione artistica, permettendoti di evolvere come cantautore?

Come già ho accennato prima, con Zibba si è creata una bella intesa che presto è diventata amicizia. In studio si riesce a ridere a chiacchierare ma restando consapevoli che ogni cosa che diciamo può essere una scintilla per scrivere: è una bella complicità. Sicuramente ho imparato a credere un po’ di più in me stesso e a non mettermi freni e paletti nella scrittura.
A livello tecnico la sua produzione mi ha permesso di sperimentare suoni che io non avrei mai cercato, di uscire dalla mia zona di comfort, sia musicale sia testuale.
Sono molto soddisfatto del risultato finale. Credo e spero che “Non c’è nulla da nascondere” sia un nuovo passo nel definire il mio progetto artistico.