Kukla: “mi sono lasciata guidare dalle emozioni”-intervista

Kukla: "mi sono lasciata guidare dalle emozioni"-intervista

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Kukla, un’artista che incarna l’essenza stessa della contraddizione e della bellezza in musica. L’ album d’esordio di Kukla,
Cose dell’amore, è un viaggio emozionale che intreccia luci e ombre, esplorando con coraggio e autenticità le sfumature più profonde dei sentimenti umani. Kukla ci ha raccontato del suo percorso artistico, delle sfide e delle riflessioni che hanno dato vita a questo progetto, in cui ogni brano è un’intensa dichiarazione di vulnerabilità e forza. La musica di Kukla, mescola sonorità elettroniche e temi universali come il dolore e l’innamoramento, diventa un terreno fertile per la trasformazione emotiva, un invito ad esplorare le contraddizioni dell’amore con occhi nuovi. Con il suo album, Kukla non cerca risposte facili, ma invita ogni ascoltatore a fare domande, portando alla luce la bellezza che risiede nelle difficoltà dell’esistenza.

Kukla, il tuo album d’esordio, “Cose dell’amore”, è un vero e proprio viaggio emozionale tra luci e ombre. Come sei riuscita a raccogliere tutte queste contraddizioni e sentimenti contrastanti e trasformarli in un’opera musicale così intensa?
<<La musica è sempre stata per me un modo per dare forma a ciò che spesso non riesco a esprimere con le parole. “Cose dell’amore” nasce da un bisogno di esplorare le diverse sfaccettature di un sentimento che è sia il più bello che il più doloroso, ma prezioso come un diamante. Le contraddizioni e i sentimenti contrastanti che si trovano nell’amore sono quello che mi affascinano di più: la passione che può essere tanto illuminante quanto distruttiva, la nostalgia che si mescola alla voglia di libertà, la bellezza che nasce dal dolore.
Per creare questo disco, mi sono lasciata guidare dalle emozioni, senza paura di mostrare le contraddizioni. Ogni canzone rappresenta un pezzo di questo viaggio, un momento di riflessione o di lotta interiore, ed è stato fondamentale mantenere una certa autenticità. Ho cercato di usare la musica come una sorta di “linguaggio universale”, dove anche le emozioni più complesse trovano un posto. In questo modo, ogni brano racconta una storia, ma lascia anche spazio all’ascoltatore per interpretarla a modo suo. La miscela di suoni elettronici e melodie pop è il mio modo per rendere tutto questo ancora più intenso e palpabile>>.

In “La Verginità” esplori il caos e la confusione del crescere, un tema universale ma molto personale. Quali sono stati i momenti decisivi nella tua crescita artistica e come sono stati tradotti in questa canzone?
<<“La Verginità” è un brano energico che esplora il caos e la confusione del crescere, un’esperienza che tutti viviamo ma che è anche profondamente personale. In questa canzone c’è un confronto tra il passato, con la sua ingenua speranza, e il presente, con il disincanto che arriva con l’età. È una sorta di esplosione di energia che riflette proprio quel momento di disorientamento e lotta interiore che caratterizza la crescita.
Dal punto di vista artistico, uno dei momenti più decisivi è stato il passaggio da una visione dell’arte che cercava di compiacere a una che invece è diventata più sincera e priva di paure. “La Verginità” rappresenta proprio questo: l’accettazione di sé in tutta la sua confusione e imperfezione. È un brano che afferma con forza che non si può piacere a tutti, e alla fine non deve nemmeno importarci. Perché la vera forza sta nell’essere autentiche, nel riconoscere che la crescita non è mai lineare, ma che alla fine è proprio l’essere se stesse, senza compromessi, a fare la differenza>>.

“Cose dell’amore” si definisce come un grido e un silenzio, un viaggio tra bellezza e dolore. In che modo il contrasto tra questi elementi ti ha aiutata a definire la tua voce artistica e a creare un disco che non cerca risposte, ma pone domande?


<<Il contrasto tra bellezza e dolore è stato fondamentale per definire la mia voce artistica, perché è proprio in questi opposti che risiede l’autenticità. Ho sempre sentito che le emozioni più forti nascono da questa tensione: da un lato c’è la bellezza dell’amore, della passione, della connessione; dall’altro c’è il dolore, la perdita, l’incertezza. Mettere insieme questi due mondi mi ha permesso di esplorare e raccontare una gamma di emozioni senza doverle ridurre a una semplice dicotomia.
Nel disco, il viaggio tra luce e ombra non è mai statico: è un continuo movimento, dove ogni brano esplora una faccia dell’amore, senza mai cercare di risolvere o spiegare tutto. Non volevo che il disco fosse un manuale, ma piuttosto una riflessione, un’esperienza che stimolasse il pensiero. Ogni canzone è una domanda aperta, un invito a riflettere senza dover per forza trovare una risposta. In un certo senso, credo che la musica sia più potente quando lascia spazio all’ascoltatore per trovare il proprio significato, senza imporre soluzioni. La bellezza e il dolore si intrecciano, creando un mosaico di emozioni che non cercano una conclusione definitiva, ma che pongono domande su cosa sia davvero l’amore, cosa ci faccia crescere e, soprattutto, cosa ci faccia sentire vivi>>.

Kukla, l’album è intriso di una bellezza che fa male, come descrivi tu stessa. Come riesci a bilanciare la vulnerabilità e la forza nelle tue canzoni, creando un’arte che non solo riflette il dolore, ma lo trasforma in qualcosa di catartico e universale?
<<La bellezza che fa male è una sensazione che credo tutti possano riconoscere, e credo che la chiave per bilanciare vulnerabilità e forza stia proprio nel non aver paura di mostrarle entrambe. La vulnerabilità, per quanto dolorosa, è una forza in sé, perché solo quando siamo disposti a mostrarci per quello che siamo, senza maschere, possiamo davvero trasformare la sofferenza in qualcosa di potente. E la forza, invece, non è solo quella che vediamo all’esterno, ma è anche la capacità di abbracciare le proprie fragilità, di trovare bellezza nella rottura.
Quando scrivo e creo, insieme a Carlo Bassetti, il nostro processo creativo si basa molto sulla condivisione delle emozioni e delle idee. Carlo ed io siamo due persone con esperienze diverse, ma è proprio attraverso questa diversità che riusciamo a creare un linguaggio che parli a tutti. Per me, la musica è prima di tutto condivisione: un mezzo per contagiare idee e sentimenti, per far sì che chi ascolta possa riconoscersi nelle storie che raccontiamo. Cerchiamo sempre di includere chiunque nei nostri testi, di fare in modo che ognuno possa sentirsi parte di quello che stiamo dicendo.
La catarsi arriva quando impariamo a guardare la nostra sofferenza e a trasformarla, senza restarne intrappolati. La musica ha questo potere: riesce a prendere ciò che ci ferisce e, attraverso il suono e le parole, lo rende universale. Non si tratta solo di raccontare quello che fa male, ma di celebrare la capacità di superare le difficoltà e di crescere attraverso di esse. Così, quello che inizia come una sensazione personale diventa una riflessione collettiva, qualcosa che appartiene a chiunque possa riconoscersi nelle emozioni che esprimo>>.

“Parole più belle” è una ballata elettronica che esplora l’innamoramento come un viaggio intergalattico. Kukla, come hai approcciato la fusione di sonorità elettroniche con temi così profondi e personali, e quale impatto pensi che questa scelta abbia sul modo in cui il pubblico percepisce il tuo progetto?


<<“Parole più belle” è un brano che nasce proprio dall’idea di un viaggio, ma non uno qualsiasi—è un viaggio mentale ed emotivo, un’esplorazione dell’innamoramento che va oltre i confini terreni, come se fosse un’esperienza che ci trascina nello spazio. La fusione di sonorità elettroniche con temi così profondi è stata una scelta naturale per me, perché la musica elettronica ha la capacità di creare atmosfere surreali e, al contempo, estremamente intime. Volevo che il sound di “Parole più belle” fosse in grado di rappresentare l’irrazionalità e l’intensità dell’innamoramento, ma anche il suo lato più onirico e lontano dalla realtà.
L’elettronica, con le sue infinite possibilità timbriche e la sua capacità di manipolare lo spazio sonoro, mi ha dato la libertà di tradurre le sensazioni di un amore che si sente potente ma allo stesso tempo alienante, come se fosse qualcosa di fuori dal comune. Il contrasto tra le sonorità sintetiche e la delicatezza del tema dell’innamoramento è proprio il cuore del brano, e penso che questa fusione aiuti a rendere il messaggio ancora più forte e viscerale.
Per quanto riguarda l’impatto sul pubblico, credo che la scelta di mescolare elettronica e temi così personali faccia percepire il mio progetto come qualcosa di diverso dal solito. Non è solo un disco pop o elettronico: è una riflessione emotiva che si muove su sonorità che di solito non vengono usate per trattare questi argomenti. Questo permette a chi ascolta di entrare in contatto con un’esperienza che è allo stesso tempo moderna e profonda, universale e personale, creando una connessione che va oltre il semplice ascolto musicale. Spero che, attraverso questa combinazione, le persone possano riconoscersi in quelle emozioni, ma anche sentire che la musica ha il potere di trasformarle in qualcosa di nuovo, di spaziale, di altrettanto significativo>>.

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