Futuro Matematico: il nuovo brano dei P.A.O. – intervista

Futuro Matematico: il nuovo brano dei P.A.O. - intervista

Abbiamo intervistato chi ha scelto la musica come ultimo baluardo contro l’illusione del controllo, con chi canta l’inquietudine dell’uomo moderno che tenta invano di racchiudere l’amore in una formula. Con i P.A.O. – Pulsazioni d’Anime Oneste – ci siamo immersi nel cuore vivo di Futuro Matematico, nell’instabilità contemporanea, tra alberi veri e registrazioni in presa diretta, là dove l’autenticità non si proclama, ma si abita. Il loro nuovo singolo Futuro Matematico è un varco: uno squarcio lucido in un mondo troppo spesso anestetizzato dalla logica. E noi ci siamo passati attraverso.

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia pretende di semplificare ogni aspetto dell’esistenza, persino le emozioni. Se l’amore diventa un’equazione, la musica può ancora essere l’elemento imprevedibile che spezza il calcolo e restituisce autenticità?

Antonio: “La musica è sempre stata il luogo dell’imprevisto, dell’indicibile. Se tutto diventa formula, la musica resta l’errore che sfugge al calcolo, la variabile impazzita. L’arte non si lascia addomesticare: può essere scomposta in frequenze, analizzata in algoritmi, ma la sua essenza non è riducibile a un numero. Come diceva Battiato, “cerco un centro di gravità permanente”, ma la verità è che la musica è fatta di spostamenti, di tensioni, di strappi. Se l’amore diventa un’equazione, la musica è il battito che la manda in tilt”.

Nel vostro brano parlate dell’illusione del controllo, dell’idea che gli algoritmi possono prevedere affinità e sentimenti. Ma non è forse vero che cerchiamo sempre di dare un senso matematico a ciò che non comprendiamo, persino al caos della vita?

Antonio: “È nella natura umana cercare di dare un senso, di tracciare confini nel disordine. Ma il caos, per sua natura, non si lascia ordinare. Montale lo sapeva bene: “Tutte le immagini portano scritto: ‘più in là’”. Cerchiamo sempre di addomesticare l’ignoto, di tradurlo in qualcosa di comprensibile, eppure la vita continua a sorprenderci, a scivolarci via tra le dita. Gli algoritmi ci illudono di poter calcolare anche ciò che per definizione è incalcolabile: l’incontro, l’imprevisto, il miracolo della risonanza. Ma la musica – come la vita – è fatta di attimi che nessuna macchina può prevedere”.

La vostra Electric Session in the Wood esalta l’autenticità della performance, senza artifici. In un panorama musicale spesso dominato da perfezione digitale e correzioni infinite, registrare in presa diretta è un atto di resistenza o di abbandono al momento presente?

Antonio: “È entrambe le cose. È un atto di resistenza perché va contro l’idea di una musica filtrata, ritoccata, ripulita fino a perdere la sua umanità. Ma è anche un abbandono, perché suonare dal vivo significa lasciarsi attraversare dall’istante, senza poter tornare indietro. Non c’è trucco, non c’è montaggio: c’è solo l’adesso. Abbiamo voluto registrare così perché volevamo la verità, non la perfezione. In un mondo che rifiuta l’errore, noi celebriamo il suono che respira, che inciampa, che vive”.

Nel testo del brano si avverte una tensione tra la voglia di affidarsi alle regole e il bisogno di qualcosa di più profondo. Pensate che l’umanità troverà mai un equilibrio tra logica e istinto, oppure siamo destinati a oscillare per sempre tra calcolo e caos?

Antonio: “Non c’è alcuna voglia di affidarsi alle regole. Se il brano suggerisce qualcosa, è piuttosto il rifiuto di una realtà schematizzata, la consapevolezza che la vita è un fluire continuo e che ogni tentativo di ingabbiarla è un’illusione. Montale parlava di un “varco” da cercare, Battiato cantava della necessità di superare “le correnti gravitazionali”. Bauman descriveva un mondo liquido, senza appigli certi. La verità è che l’uomo non ha mai trovato un equilibrio tra calcolo e caos, e forse non lo troverà mai. Ma è proprio in questa tensione che esiste la vita: nel dubbio, nella frattura, nella ricerca continua di qualcosa che non si lascia afferrare”.

Progetti futuri?

Antonio: “Continuiamo a suonare, a scrivere, a lasciarci attraversare dal mondo. Il nostro nuovo album è in viaggio, ci sono concerti all’orizzonte, incontri, scoperte. Ma più di tutto, c’è la voglia di restare fedeli a ciò che siamo: note che si disperdono nel vento, in cerca di chi le sappia ascoltare”.

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