Andrea Tarquini: ragionando sulle trasformazioni

Andrea Tarquini: ragionando sulle trasformazioni

Alla fine di questo ‘900 troviamo sicuramente una trasformazione che sembra accelerare di dieci, venti, mille volte rispetto al come eravamo abituati a veder scivolare la vita. E così la musica, il nuovo modo di apparire, un “antico” modo di essere cantautori che poi forse ha ragione lui quando dice che non esiste un nuovo o un vecchio modo di fare canzone. Abbiamo parlato inevitabilmente di questo Tenco che punta altrove o magari anche qui, punta sempre nello stesso luogo… e tiriamo in ballo i soliti conflitti generazionali e poi, parallelamente, un altro grande come Federico Sirianni che nel suo nuovo disco appare, cantando appunto di cantautori che vivono nell’indipendenza totale.

Punto e a capo. Lui è Andrea Tarquini, storico chitarrista della scena romana, di Stefano Rosso tanto per dirne una non di poco conto… lui è un eterno sognatore ma anche un concreto uomo di cultura e di arte e lo dimostra con la delicatezza di un disco alto come “In fondo al ‘900” giunto ad un passo nell’aggiudicarsi la tanto agognata Targa Tenco. Raccogliamo qui il suo punto di vista… e sono parole che regalano importanti di riflessioni… e per rispondere alla chiusa del nostro, certamente i video sono antichi più del mio concetto carnale di antichità, ma alludevo ovviamente al “come” le cose si fanno oggi. Come le canzoni… si fanno da prima ancora che nascesse la scrittura. Il “modo” è segno di trasformazioni e nuovi tempi. Ma su questo penso potremmo star qui a parlare per giorni… che belle queste chiacchierate!!! Un grazie ad Andrea Tarquini per questa piccola e sana bellezza…
 
“Credo che tutto quel che pensi sia accumunato dall’idea che esista un vecchio modo di essere cantautori e che ne esista uno nuovo.Non credo esista musica vecchia e musica nuova, esiste musica buona o meno buona, altrimenti di Sting o di McCartney cosa diciamo? È roba vecchia? Questo distinguere prima di tutto tra vecchio e nuovo non porta al nuovo ma al nuovismo e conduce inevitabilmente a trascurare i contenuti e la presenza o meno di qualità. Si potrebbe obiettare che a sostenere questi argomenti è un cantautore in qualche modo erede di una scuola del passato ma, facci caso, se qualcuno, in un disco, arrangia le canzoni che ricordano, per esempio, Springsteen, ci sono molti commenti ammirati ed incuriositi. Se negli arrangiamenti c’è della filologia o la semplice traccia di un nostro passato si parla di “vecchio”, si fanno domande sul “nuovo” modo di essere cantautori sottintendendo il fatto che l’interlocutore non appartiene a quel mondo. Solo in Italia accade questo. Un testo è buono o meno buono aldilà di chi canta e di come è arrangiato, tant’è che a me che ho 50 anni piace la canzone di Mamhood e Blanco vincitrice a Sanremo e non mi piacciano molti presunti cantautori cosiddetti retrò per lo stupore di molti tuoi colleghi. Potrei anche dirti che moltissimi giovani vanno ai concerti di Francesco e Antonello, oppure per parlare di artisti meno stellari vanno ai miei concerti perché vogliono vedere un certo chitarrismo associato alla canzone, così come vanno a quelli di Sirianni perché sono curiosi di un modo diverso e approfondito di esprimere passato e presente….e spesso il passato li affascina perché cercano una crescita attraverso le cose. E questo desiderio di crescita non lo vede solo chi non vuole vederlo.
Il presunto dogma generazionale è una scusa che ci si dà in questo paese per non cambiare mai nulla.
Si, un video manca ma prima o poi lo faremo…anche qui… un video non è un linguaggio nuovo… hanno cominciato a fare video musicali che io non ero ancora nato eppure nella tua domanda si parla di “vecchia guardia” alla quale mancherebbe l’attitudine a rapportarsi con “mezzi nuovi”… i video li facevano già alla fine dei settanta, e dunque, sono vecchio io che non l’ho ancora fatto o tu che li consideri “nuovi mezzi”?” (A. Tarquini)