Alessandro Onali, intervista: “la mia musica è il risultato di un processo introspettivo”

Alessandro Onali

Alessandro Onali, prestigioso musicista e compositore, nato in Sardegna, autentico e anticonformista. La sua musica, originale e trasversale, emoziona profondamente.

Nel corso della sua carriera ha già collaborato con numerosi artisti, recentemente ha curato la parte delle tastiere/arrangiamento per il singolo “Lunar Lullaby” di Alessandro Moschini.

Il magazine Emozionienozioni ha ospitato Alessandro Onali per un’intervista esclusiva.

Sei un musicista estremamente autentico e originale, quando hai scoperto il tuo amore per la musica?

Ho iniziato a suonare da autodidatta, quando avevo 13 anni: mi avevano regalato una tastiera giocattolo, dopo è iniziata la passione per la musica. Sono diventato un musicista-compositore indipendente. La mia è musica strumentale: utilizzo prevalentemente un Pianoforte digitale e alcuni sintetizzatori, hardware e software. Compongo, suono, eseguo il mixaggio e il mastering di ciascun brano in modo autonomo. Non posso categorizzare la mia musica con un genere ben definito, questo è un compito che lascio volentieri agli esperti. La mia musica è il risultato di un processo introspettivo che mi porta a sviluppare in modo non convenzionale i temi melodici che scopro in modo estemporaneo. L’elaborazione tematica successiva e l’arrangiamento mi permettono di enfatizzare quello che secondo me è il carattere di ciascun pezzo. Non essendoci parole la mia musica lascia libertà all’ascoltatore di contestualizzare sentimentalmente ciascun brano: il risultato voluto è quello di un coinvolgimento emotivo personale. Non necessariamente chi ascolta deve avere lo stato d’animo di chi compone o, peggio ancora, deve scivolare in quello suggerito dal testo proposto dall’autore. Chi ascolta deve poter riconoscere nella musica una parte di se stesso e  solo allora farla propria.

Quali sono i personaggi che hanno determinato maggiormente il tuo iter artistico?

La musica anni ’80/90  ha avuto una grande influenza nel mio percorso artistico, ma a determinare maggiormente il mio stile è stato un “gruppo” davvero particolare degli anni ’80, anche se di gruppo vero e proprio non possiamo parlare: gli AQVA. Dietro questo nome infatti si celava il grande compositore/arrangiatore Mauro Malavasi che aveva reinterpretato in chiave moderna e con sintetizzatori elettronici i grandi classici come Bach e Mozart. E’ il 1987 per la precisione, e la Fonit Cetra, storica etichetta italiana, pubblica un disco intitolato “Back to Bach”, nel quale alcune opere del sommo musicista tedesco vengono riproposte in salsa synth-pop, il lavoro viene pubblicizzato sui canali televisivi della Rai e attribuito ad un fantomatico duo chiamato appunto AQVA. Questo disco ha segnato per la sua originalità il mio percorso ed il mio stile artistico.

Quali sono i personaggi che hanno determinato maggiormente il tuo iter artistico?

Jean Michel Jarre con il suo “Oxygene” è stato uno dei tanti.

Qual è il primo brano che hai suonato?

Awakening (2018)

A quale brano sei particolarmente legato?

Magnificent (2018) è il brano che secondo me meglio rispecchia la mia personalità artistica.

Qual è il motto che sposi più assiduamente?

Non fidarti delle etichette discografiche di bassa lega: se non stai attento ti possono rovinare la carriera artistica.

Come ti relazioni ai social network?

Penso che, se usati bene, possano sicuramente contribuire in modo decisivo a far conoscere un’artista emergente anche se il contatto umano resta per me insostituibile.

Ci sono degli artisti con cui vorresti collaborare prossimamente?

Sicuramente! Ma non ho “preferenze”: l’importante è avere le idee chiare sul progetto che si intende realizzare senza avere la pretesa di dettar legge… Ho già lavorato in passato con Alessandro Moschini sul singolo “Lunar Lullaby”: ho curato la parte delle tastiere/arrangiamento.

Quanto ritieni che il mondo dei talent possa essere fondamentale per l’attuale panorama musicale?

Questa è una domanda davvero difficile… Personalmente, scusate la sincerità, detesto i talent, almeno quelli che sono riuscito a reggere per più di 2 minuti: in molti ho notato che lo spettacolo non lo fanno i candidati, ma i giudici.

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